Straziati dalla scomparsa di Vincenzo Marino, Leggo Città la prossima settimana non andrà in stampa in segno di lutto

L’Associazione Batti Cuore… Batti Onlus, alla cui presidenza c’erà l’amico Enzo Marino, collaborava da circa sette mesi con la nostra redazione, per promuovere, anche attraverso il nostro mezzo d’informazione, tutte le iniziative e battaglie socliali nell’ambito della sanità. In questi mesi d’intensa collaborazione, ho ammirato tantissimo l’impegno speso nel sociale da questa eccezionale persona e di tutti i suoi collaboratori, nessuno escluso.

Strappato alla vita in maniera brutale, Enzo lascia un vuoto incolmabile. Credetemi non è retorica. Sicuramente una ferita terribile per i familiari e gli amici, ma una perdita determinante anche per la nostra comunità.

Una persona, intanto, che emanava tanta positività attraverso il suo carattere espansivo e generoso. Una persona, soprattutto, che si batteva per il sociale, per i diritti dei cittadini, che spesso le istituzioni non riescono a garantire a fondo.

L’associazione di cui era il presidente, voleva essere e mi auguro che continui ad esserlo, protagonista nel continuare a proporre progetti all’insegna della prevenzione e dell’educazione alla salute. E come amava sottolineare il buon Enzo “Una voce libera dei cittadini che hanno il diritto fondamentale alla tutela della propria salute“.

Proprio la mattina della tragico incidente, dovevamo sentirci telefonicamente per programmare gli articoli da insrire all’interno della rubrica della sua associazione, sul nostro giornale cartaceo. Poi è accaduto l’irreparabile, per questo abbiamo deciso di fermarci. Fermarci per ricordarlo in silenzio. Solo attraverso il silenzio potrò riascoltare la sua voce gioiosa come ogni qualvolta che veniva in redazione a ritirare buona parte dei giornali…

Voglio ricordarlo riproponendo un suo articolo di qualche settimana fa. Un articolo in cui, Enzo, raccontava di un signore sfuggito alla morte. Un signore che per una serie di circostanze favorevoli, circa dieci anni fa, non morì per un infarto. Un articolo che ha fatto emozionare in tanti, però in quell’articolo non era specificato che il protagonista di quel racconto era proprio lui.

Adesso Possiamo solo conservare il suo ricordo nel nostro cuore e quando saremo un pò giù di morale, pensare al suo sorriso e alla sua gran voglia di vivere, per superare gli ostacoli che la vita ogni giorno ci mette di fronte.

                                                                                        NICOLA DONATO

L’infarto è arrivato. Ecco la storia a lieto fine di un nostro associato

…L’ho sentito arrivare che stavo a casa con mia moglie, appena fatto la barba, mi stavo preparando per uscire, quando l’ho sentito. Un dolore muto, un senso di oppressione appena sopra il torace. Mi sono fermato ed ho ascoltato questo dolore muto, strano che non accennava a diminuire, a perdere d’intensità. Non l’avevo mai provato prima, che io ricorda. Francamente, non richiamava il pericolo che tutti alla mia età (50 anni appena compiuti) , temono. L’incombente , che ti aspetta in qualsiasi momento della tua vita, all’angolo della strada, a tavola, alla guida della tua auto, mentre stai passeggiando con gli amici. Ti aggredisce all’improvviso. Un dolore strano che si allargava e si acuiva. Ma io l’ho subito capito, ne ero certo, era lui, stava arrivando.
Allora l’ho anticipato, non l’ho atteso. Chiamo mia moglie e le dico “ Giò, portami all’Ospedale subito , mi sta venendo un infarto, lo sento mi sta arrivando”. Lei mi guarda in faccia e con il cuore in gola, mi carica in auto e partiamo. Mentre il senso di oppressione diventava sempre più pesante e mi faceva sempre più male. Non vi dico come ha guidato, di corsa, sempre più di corsa, azzardando sorpassi che non avrebbe mai fatto prima, ha osato passare con il semaforo rosso suonando all’impazzata, in cinque minuti siamo arrivati al Pronto Soccorso del San Biagio di Marsala. Li un “ angelo” il mio amico Enzo ( medico di guardia) mi guarda, mi fa sdraiare in barella e subito in Sala Operatoria. Mentre attraversavo il corridoio antistante la Sala Operatoria, ho visto uno dietro l’altro, mia moglie, i miei due figli, mia sorella, Filippo Maggio ed ancora qualche altro amico li per caso. La sala Operatoria era libera, li sembrava che aspettasse me, era finito un intervento qualche minuto prima ( un giovane di 35 anni colpito anche lui da infarto). L’infarto era arrivato, appena arrivato. Ed io ero arrivato appena in tempo. Mi hanno operato subito. Mentre la sonda risaliva l’arteria femorale destra , sul monitor ho visto il mio cuore trafitto. La coronaria destra chiusa. L’ho visto aprire. Ho sentito il dolore, non più muto, ma forte e violento. Un dolore diverso senza un luogo o un punto specifico. L’ho sentito defluire, insieme al sangue che attraversava di nuovo il mio cuore. Qualche istante dopo il Medico che aveva fatto l’intervento mi dice :” Tutto finito. Tutto passato. Il peggio è passato”. Qualche minuto dopo mi hanno portato nell’Unità Intensiva Coronarica. Li sono rimasto per sei giorni , continuando a dirmi che “ tutto passato, il peggio ormai è passato”. Sei giorni con me stesso, i medici, mia moglie, i miei figli ,mentre le condizioni andavano migliorando mi ripetevano , il peggio è passato . Sei giorni a guardarmi dentro, ad ascoltarmi, a provare ad entrare dentro il mio cuore, che essendo un muscolo involontario, funziona a prescindere dalla nostra volontà. L’ho guardato nel monitor pulsare e mi sono guardato ed ascoltato dentro .
Tutto è passato . Ma il presente è diverso da prima
Li ero protetto dal mondo , che non poteva interferire con il mio cuore. Ero li fra me e me.
L’infarto mi ha cambiato. Mi ha fatto sentire solo e allo stesso tempo, meno solo. Durante e dopo l’infarto ti guardi dentro e intorno. E senti l’importanza dei tuoi, la moglie, i figli, i genitori, i cognati, le sorelle. I legami più stretti. Ma anche la rete delle persone che contano. E non sono poche.
L’infarto è una occasione, se hai la fortuna di incontrarlo senza danni irreparabili, che ti viene data. D’altronde, non può essere un caso che: Io lo senta, quando ancora non è arrivato; che mi raggiunga a casa, e non in viaggio oppure lontano; che sia accaduto di sabato e che io trovi la Sala Operatoria libera, pronta con un dottore bravissimo li per operarmi. Non può essere un caso. Per caso.
L’infarto è una occasione per ri-cominciare. Per guardarti dentro ed intorno. Perché domani, certo, domani è un altro giorno. Ed oggi, anche io, sono un altro. Diverso da prima … e forse non sarò più lo stesso.
Il motivo per cui l’ho scritto, raccontato, anzitutto e soprattutto, per me.
Per non dimenticare.
Per impedirmi di ritornare indietro…..

Condividi
Aggiungi ai preferiti : permalink.