29 maggio 1453: la caduta di Costantinopoli

DAVIDE LICARI – Il 29 maggio 1453 testimonia il crollo dell’Impero bizantino e la nascita dell’Impero ottomano. Da questa data il piccolo emirato turco iniziò ad essere considerato dalla critica storica un grande impero. Dopo oltre un secolo di conflitti con le milizie bizantine, il ventunenne sultano ottomano Mehmed II, detto il ‘Conquistatore’, riuscì a ottenere il controllo dell’ultimo baluardo della romanità, Costantinopoli. Gli Ottomani portarono a compimento una impresa più volte tentata in precedenza, la presa della ‘mela rossa’, una conquista fondamentale nel processo di espansione e di legittimazione del loro potere nell’Europa orientale. La caduta di Costantinopoli innescò una serie di sconvolgimenti nello scenario sociale, politico ed economico occidentale che portarono al sorgere di una nuova era: l’Era Moderna.

Circa mille anni dopo la caduta di Roma e dell’Impero d’Occidente, anche i territori bizantini dell’Impero d’Oriente giunsero al tramonto sotto i pressanti colpi delle forze nemiche condotte in battaglia dal giovane e bellicoso sultano ottomano che, martedì 29 maggio 1453, dopo due mesi di assedio, entrò nella capitale bizantina. L’Impero bizantino era uno stato in evidente declino, uscito sconfitto dallo scontro con i Selgiuchidi a Manzikert nel 1071, e profondamente segnato dalle conseguenze della IV Crociata del 1202, che vide le stesse truppe cristiane saccheggiare Bisanzio. Inoltre la rivalità storica con la Chiesa romana risultò essere fattore decisivo dinanzi la minaccia turca, sebbene alcuni tentavi di riconciliazione tra le Chiese Ortodossa e Cattolica fossero in atto, tuttavia il riavvicinamento tra Roma e Costantinopoli non si ebbe mai e l’imperatore Costantino XI Paleologo si ritrovò a dover affrontare l’enorme esercito ottomano privo di alleati, ad eccezione del Regno d’Ungheria, di Venezia e Genova.

 

Il ‘Conquistatore’ fece edificare una fortezza sulle coste del Bosforo con lo scopo di bloccare l’unico passaggio disponibile alle navi bizantine e italiane per il Mar Nero, dove erano situate alcune colonie mercantili cristiane. I lavori ebbero inizio nel 1452 e nel giro di sei mesi vide la luce la temibile fortezza di Rumeli Hisari. Il 5 aprile 1453 le truppe di Maometto II giunsero ai piedi delle possenti mura teodosiane e nel frastuono del muro ottomano ebbe inizio l’assedio. I rinforzi da Venezia e Genova tardavano a giungere in soccorso dell’imperatore a causa delle frizioni riguardo la nomina del comandante in capo della spedizione, questa lunga sequela di incomprensioni e ritardi risulterà decisiva per la sconfitta di Bisanzio. Nei mesi precedenti, intimorito dai movimenti degli Ottomani sulle sponde del Bosforo, l’imperatore bizantino per l’ultima volta aveva chiesto soccorso alle potenze europee, e si rivolse persino al Papa facendo annunciare a Costantinopoli l’unione delle due Chiese. La Santa Sede inviò il cardinale Isidoro di Kiev nella capitale bizantina con 200 soldati, balestrieri e archibugieri, e ivi costui celebrò la messa secondo il rito romano, all’interno della basilica di Santa Sofia.

Il sultano si presentò davanti le mitiche mura di Teodosio, mai valicate prima, con un portentoso esercito composto da 160.000 uomini, il più grande esercito professionale dai tempi dei romani. Nella città gli Ottomani trovarono non più di 7.000 difensori, compresi i soldati veneziani, catalani e genovesi, tra i quali spiccava il contingente comandato dal capitano di ventura Giovanni Giustiniani Longo, ultimo strenuo difensore di Costantinopoli e comandante delle difese della città, le cui strategie risulteranno utili al temporaneo respingimento dai nemici. Il sultano, oltre che sulla superiorità numerica pressoché assoluta, poté contare anche sulla superiorità dei propri armamenti grazie alle innovazioni tecniche introdotte dal maestro cannoniere Urbàn, un ingegnere ungherese cristiano al soldo dei Turchi, ai quali aveva venduto il progetto della grande bombarda che polverizzò le mura.

Dal 12 al 18 aprile 1453 gli Ottomani bombardarono senza tregua il settore centrale delle mura di terra e il 18 aprile sferrarono il primo attacco frontale, che fu respinto eroicamente dai difendenti guidati spada in pugno da Giustiniani. Per circa venti giorni si combatté, sia di giorno che di notte, ai piedi delle mura e nel Corno d’Oro, lo specchio d’acqua sul quale si affacciava la città, dove le navi ottomane tentarono di introdursi trovando però una flotta di imbarcazioni in fiamme ad attenderli. I difendenti riuscirono ogni volta a respingere i giannizzeri del sultano sia sulla terraferma che sul mare. Al contempo Mehmed perse in una esplosione la preziosa bombarda e il mastro Urbàn, suo creatore. Il 7 maggio fu sferrato un secondo attacco diretto alle mura, ma anche questa volta nonostante l’inferiorità numerica l’assalto nemico venne respinto dai cristiani. Nei giorni successivi un terribile bombardamento perpetuo preannunciò un attacco ottomano che venne sferrato il 12 maggio, anche questa volta l’offensiva fu respinta.

A quel punto il sultano, pressato dai rinforzi in arrivo dall’Ungheria e da Venezia, decise di cambiare strategia e il 15 maggio alcuni minatori serbi scavarono delle gallerie con l’obbiettivo di minare le mura. I difendenti cristiani riuscirono a scavare delle contromine distruggendo quelle nemiche prima che producessero dei danni alla cinta muraria. Successivamente delle torri di avvicinamento ottomane furono fatte crollare, infine i nemici di Costantinopoli provarono a creare un ponte di barche per spostare l’artiglieria. Ogni tentativo si risolse in una sconfitta per gli Ottomani, e il comandante Giustiniani continuò a tenere alto il morale delle truppe esaltandone le virtù. Tuttavia i cristiani erano provati dal lungo assedio e dovettero fare i conti con il peggiore dei nemici, la superstizione.

Il 22 maggio si verificò un’eclissi di luna che fu interpretata dagli Ottomani come un presagio favorevole: un’antica profezia sosteneva che la città sarebbe caduta in mano nemica quando si fosse stagliata la luna calante in cielo. Dal 24 maggio 1453 la luna iniziò ad essere calante, e tale immagine rimase impressa sugli stendardi turchi come segno di buon auspicio, e lo è tutt’ora. Il 25 maggio, nel corso della processione della veneratissima icona dell’Odighitria, la preziosa icona cadde dai supporti scivolando nel fango e immediatamente si scatenò un temporale. Il giorno seguente si levò una fitta nebbia e durante la notte alcuni abitanti della città videro dei fuochi fatui in cima alla cupola di Santa Sofia. Questi fenomeni atmosferici erano causati probabilmente dalle eruzioni vulcaniche dell’isola Kuwae, nell’oceano Pacifico, un terrificante evento naturale che causò un brusco calo delle temperature in tutto il mondo. La paura si diffuse e la superstizione prevalse, numerose furono le diserzioni.

Il 28 maggio 1453 Mehmed II e Costantino XI arringarono i propri soldati in previsione della battaglia decisiva. A Santa Sofia cattolici e ortodossi celebrarono insieme la messa, mentre gli Ottomani affilavano le loro lame pregustando la vittoria. L’assalto finale ebbe inizio alle tre del mattino del 29 maggio. Due ondate di assalitori furono respinte, e a quel punto il sultano dispiegò i terribili giannizzeri per forzare le difese cristiane. Tuttavia, anche il corpo speciale degli Ottomani incontrò alcune difficoltà nella battaglia, lo scontro era in una situazione di stallo. Ma qualcosa di imprevedibile accadde spingendo gli Ottomani alla vittoria.

All’improvviso, Giovanni Giustiniani Longo venne ferito gravemente al braccio e fu costretto ad allontanarsi dallo scontro per raggiungere la nave ospedale ancorata al porto. Inspiegabilmente il suo stato maggiore decise di seguirlo e per consentirne il passaggio fu aperta una porta sbarrata. Subito si sparse la voce che il grande comandante genovese era caduto in battaglia e che le mura erano state prese dagli Ottomani, e in breve si diffuse il panico. In quei brevi istanti di concitazione l’imperatore Costantino XI, il quale stava presidiando le mura, perse la vita e i suoi soldati diedero inizio alla fuga disperata dalla città caduta. Molti abitanti fuggirono abbandonando tutti i loro averi, e molti altri preferirono togliersi la vita. A mezzogiorno, Maometto II il ‘Conquistatore’ fece il suo ingresso trionfale in una Costantinopoli devastata dai soldati turchi. Il sultano entrò nella basilica di Santa Sofia dove diede inizio alla preghiera pomeridiana. Per tre giorni gli Ottomani saccheggiarono la città.

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