Mafia: 30 anni dalla cattura di Totò Riina

DAVIDE LICARI – Sono trascorsi trent’anni da quel 15 gennaio del 1993, il giorno in cui dopo ventiquattro anni di latitanza venne arrestato il capo di Cosa Nostra, Totò Riina. Pochi mesi prima erano stati assassinati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme alle donne e agli uomini delle loro scorte: una cesura storica, un punto di non ritorno che spinse lo Stato a una ricerca senza sosta.
Nell’agosto del 1992, un mese dopo la strage di via D’Amelio, viene definita nel corso di una riunione tenuta a Palermo dal Corpo dei Carabinieri una strategia orientata alla cattura del boss Riina. A questa riunione partecipano sia gli ufficiali dell’Arma territoriale che del ROS, i dati in possesso vengono incrociati e si rintraccia una pista percorribile che conduce in via Bernini, a Palermo. Nel corso delle fai successive delle indagini sono decisive le rivelazioni del collaboratore Di Maggio, il quale indirizza gli inquirenti e riconosce uno stretto collaboratore del boss, Salvatore Biondino.
La mattina del 15 gennaio 1993, lo stesso giorno dell’insediamento del Procuratore della Repubblica di Palermo Giancarlo Caselli, alle ore 08.55, Salvatore Riina viene riconosciuto mentre esce in macchina da via Bernini 54, accompagnato da Biondino. Viene avviato il pedinamento del veicolo e alle 09.00 il capitano De Caprio, conosciuto come “Ultimo”, con un manipolo di Carabinieri blocca l’auto segnalata su via Regione Siciliana, di fronte il Motel Agip, e ammanetta il boss ponendo fine alla sua lunga latitanza.

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