“Quel brutto pasticcio” dell’ass.re Gucciardi

L’ass.re Gucciardi ha presentato il suo (si fa per dire) piano di riorganizzazione della rete ospedaliera. La prima cosa che si è preoccupato di dire e rimarcare con una certa goffa insistenza è che non ci sono tagli, problemi di risparmi finanziari e roba di questo genere, ma ciò che lo muove e commuove è l’altissima e nobilissima intenzione di assicurare a tutti gli utenti quella assistenza sanitaria per cui pagano le tasse e cui hanno, dunque, sacrosantamente diritto.
Abbiamo detto il “suo” piano, ma ribadiamo “si fa per dire”.
Infatti:
a) molte di quelle decisioni sono state imposte dal Ministero della Salute e dal ministro Lorenzin di cui l’assessore Gucciardi sembra essere il grazioso paggetto.
b) qualcuno potrebbe dire ” ma c’è il problema dell’applicazione del dm 70/2015”. E sia. Ma con quali criteri di accorpamento? L’ass.re Gucciardi è stato così pronto e sensibile agli strattoni di cavezza che gli venivano da Renzi “Il Magnifico”, che il “ suo” progetto è stato spedito a Roma quasi per via d’ufficio, eludendo passaggi istituzionali come la commissione sanitaria regionale e addirittura l’Assemblea stessa. Si può essere più chini e proni di così ai duktat di Roma?
Tutto ciò, ovviamente, non poteva non sollevare proteste e contestazioni di ogni genere e di ogni provenienza. Onestamente indigna questa scomposizione/ricomposizione della rete ospedaliera, frutto di decisioni unilaterali, sprezzante e noncurante delle ansie, delle esigenze delle preoccupazioni dei cittadini che, poi, in ultima istanza, sono gli utenti aventi diritto ad un servizio sanitario rispettoso della persona e della sua dignità. Ma tutto ciò poco importa all’ass.re che già sente, annusa odori e afrori di campagna elettorale per le prossime elezioni regionali, come dimostra la sua partecipazione a luculliane cene per spartire torte e poltrone.
Last, but not least: c’è qualcosa di vecchio in tutto questo, una sorta di ritorno al passato, un passato che non finisce mai di passare, quello in cui i politici imponevano, sceglievano i primari che portavano loro i voti, e i primari che facevano i loro comodi portandosi i pazienti nei loro studi privati a danno della sanità pubblica.

A. Mannone

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