Scompaiono le province, ma continua la confusione

La grande e attesa rivoluzione annunciata e proclamata dal Governatore della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, sull’abolizione delle province dell’isola alla fine non c’è stata. O almeno, non ancora. Lo scorso 11 marzo l’assemblea regionale ha votato con 62 voti favorevoli, 14 contrari e 2 astenuti, l’istituzione delle città Metropolitane (Palermo, Messina, Catania) e dei liberi consorzi comunali, che secondo il disegno di legge votato in aula, “in sede di prima applicazione e fino all’approvazione della legge coincidono con le 9 province”. I consorzi dunque sarannocomposti a loro volta dai comuni appartenenti alla corrispondente provincia regionale (comuni che comunque avranno sei mesi di tempo per decidere di associarsi e creare nuovi Liberi Consorzi, a patto che venga mantenuta la continuità territoriale e si raggiunga il numero minimo di 180 mila abitanti). Di fatto però non è ancora chiaro quali saranno le competenze di queste nuove “entità” che appaiono ancora piuttosto astratte. E non è solo una sensazione. Nell’attesa di scoprire come funzioneranno e quanto costeranno i consorzi, fino al prossimo autunno ad amministrare i territori saranno i commissari straordinari, e nel caso della “provincia – consorzio” di Trapani, Antonio Ingroia. Niente di nuovo all’orizzonte, almeno apparentemente, come tra l’altro fa intuire l’articolo 1 comma 7 del disegno di legge in questione che recita “I liberi Consorzicontinuano ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali e umane già di spettanza delle corrispondenti Province regionali. I liberi Consorzi si avvalgono delle sedi già in uso alle corrispondenti Province regionali”. Una continuità col passato interrotta apparentemente solo per sopprimere il voto diretto: quello che appare certo infatti è che a scegliere i “governatori” dei liberi consorzi comunali non saranno più i cittadini ma le assemblee dei consorzi.

Molte sono dunque le perplessità riguardo a questa riforma nata, almeno nell’idea, col fine di “di razionalizzare l’erogazione dei servizi al cittadino e di conseguire riduzioni dei costi della pubblica amministrazione”. Per sciogliere dubbi e incertezze c’è da aspettare ancora qualche mese. Per la rivoluzione, dunque, bisogna attendere il prossimo capitolo. Forse!

Caterina Passalacqua

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